Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge 11 agosto 2014, n. 116 che converte il Dl 91/2014, sono in vigore dal 21 agosto 2014, le sanzioni per la commercializzazione di sacchetti di plastica monouso per l’asporto merci non biodegradabili e compostabili, anche se ceduti a titolo gratuito.
Le sanzioni pecuniarie previste riguardano la commercializzazione di sacchetti per la spesa in plastica, ad eccezione di quelli monouso biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432:2002 e di quelli riutilizzabili secondo precisi requisiti di spessore:
- 200 micron per i sacchi con maniglia esterna destinati all’uso alimentare;
- 100 micron per i sacchi con maniglia esterna non destinati all’uso alimentare;
- 100 micron se destinati all’uso alimentare,
- 60 micron se non destinati all’uso alimentare
Per quanto riguarda i sacchi monouso biodegradabili e compostabili la norma armonizzata UNI EN 13432:2002 (“Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione – Schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi”), indica i criteri di valutazione dei materiali stabilendo le tempistiche e indicando i Pass level richiesti per determinare la compostabilità di un imballaggio. Tali criteri necessari per soddisfare i requisiti fondamentali della EN 13432 sono: la caratterizzazione del materiale e composizione chimica biodegradabilità, disintegrazione,qualità del Compost ed Ecotossicità.
La legge prevede che possano essere commercializzati solo:
- sacchetti biodegradabili e compostabili monouso (i cosiddetti sacchetti “molli” conformi allo standard UNI EN 13432:2002);
- sacchetti riutilizzabili (tra cui le classiche sporte in iuta, tessuto…).
Non possono più essere commercializzati i sacchetti monouso oxodegradabili in polietilene, in quanto non compostabili secondo i requisiti tecnici dello standard UNI EN 13432:2002.
Tra tali sacchetti che non possono essere commercializzati si segnalo in particolare quelli con le seguenti diciture:
- “biodegradabili al 100%” (o anche solo “Bio”, “Biodegradabile”);
- “ECM Biodegradabile” o “Sacchetto con additivo ECM”;
- sacchetto con additivo “EPI”;
- sacchetto “D2W” o sacchetto con additivo “D2W”.
Biodegradabile non necessariamente vuol dire compostabile. Tuttavia, la biodegradazione in condizioni di compostaggio (ossia la compostabilità) è l’unica forma di biodegradazione rilevante per la normativa vigente in materia di sacchetti per l’asporto merci.
Come riconoscere i sacchetti commercializzabili?
Per poterli riconoscere è necessario fare riferimento alla dicitura di conformità alla norma UNI EN 13432:2002 e cercare sul sacchetto la frase “Sacco biodegradabile e compostabile conforme alla norma UNI EN 13432:2002. Sacco utilizzabile per la raccolta dei rifiuti organici ” che di solito viene riportata lateralmente o nella zona frontale.
Altra soluzione è quella di cercare sul sacchetto i marchi che attestano la certificazione della biodegradabilità e della compostabilità, come ad es. “OK Compost”, “Compostable” e “Compostabile CIC”. I loghi di tali Marchi sono inoltre dotati di un codice seguito da un numero (Sxxx o 7wxx) riferito a ogni azienda produttrice che deve assicurare anche la tracciabilità.
Sacchetti per frutta e verdura
Il Ministero competente, non si è ancora espresso in merito ai sacchetti di plastica (di solito trasparenti) messi a disposizione all’interno dei supermercati per pesare e trasportare verdura e frutta da parte dei clienti fino alla cassa. Non è chiaro se questi rientrino nel campo di applicazione del divieto e siano anch’essi soggetti all’applicazione delle sanzioni.